Sfide polari

(Polarfestival)

100 anni fa come ieri, la spedizione norvegese di Roald Amundsen raggiungeva il punto più meridionale della Terra: era la conquista dell'Antartide, ultimo continente inesplorato. Un'impresa segnata dalla sfida, con la spedizione parallela dei britannici guidata da Robert Falcon Scott che si concluse tragicamente con la morte dei 5 componenti della sua squadra.



Il 14 dicembre 1911 l'esploratore norvegese tocca il 90esimo grado sud: è la conquista del Polo che consegnerà il suo nome alla storia, ma questa consegna rimarrà segnata dalla tragedia della spedizione rivale del capitano di corvette della marina britannica. Il primo, partito nel 1909 con la mitica Fram (qui il sito del museo dedicato, c'è persino il blog di Amundsen e anche un'interessante sezione video con un documentario italiano, qui e qui), nave pensata per la navigazione tra i ghiacci, e con un gruppo di carpentieri, campioni di sci, esperti esploratori, slitte e cani addestrati,  punta alla conquista del Polo Nord ma - saputo che in realtà qualcun altro vi reclamava la già avvenuta conquista - cambia poi a sorpresa i suoi piani decidendo di rivolgere le sue attenzioni all'ancora inviolato Polo opposto. Inizia così ad intralciare l'inglese che, partito sulla nave Terra Nova con 65 uomini,pony della Manciuria, slitte con cani che nessuno sapeva condurre e mezzi cingolati rivelatisi ben presto difettosi, aveva soprattutto intenti scientifici. Differenze nelle composizioni delle sue squadre ma anche nelle caratteristiche umane dei loro leader: primatista con la fissa della conquista il norvegese, indagatore con un programma scientifico di ricerche e investigazioni il britannico. Oltre a ciò, alle loro spalle, c'era ovviamente il prestigio delle nazioni che rappresentavano, in un epoca nella quale in Europa si stava ancora cercando nuovi spazi di supremazia economica. In questo senso, l'Antartide rappresentava l'ultimo baluardo del lungo periodo delle esplorazioni via mare aperto dai portoghesi 500 anni prima. Senza ovviamente dimenticare il ruolo economico giocato dalle risorse ricavate dalla fauna marina (foche, balene, elefanti marini) che attorniava le gelide acque del continente bianco e che facevano gola soprattutto a statunitensi, norvegesi e alla declinante potenza britannica.
Giunto con un mese di ritardo sull'altopiano e avvistata in lontananza la tenda lasciata dai norvegesi, il gruppo di Scott si rende subito conto non solo che la conquista del Polo gli era stata rubata, ma anche che non avrebbero fatto mai più ritorno a casa.

Oggi, un secolo dopo e per ora principalmente sul Polo opposto, in condizioni socio-economiche e ambientali diversissime, si ripete la sfida indiretta fra aspirazioni scientifiche e insaziabili appetiti di conquista (in questo caso anche e soprattutto energetica e commerciale oltre che economica e politica). Ma non è più una sfida fra un Davide esploratore/conquistatore e un Golia in missione scientifica, perché il gigante è oggi assetatissimo di risorse e di energia e quindi è diventato, suo malgrado, uno degli ultimi conquistatori odierni. Mentre il Davide scientifico si è da tempo trasferito proprio nei territori laddove, un secolo fa, si svolse questa mitica sfida.

Resta infatti  la grande eredità scientifica di un continente ancora oggi fondamentale per l'umanità: riserva naturale (ancora) abbastanza incontaminata, geograficamente lontanissima ma non per questo lontana dal giocare un ruolo chiave nel clima di tutto il pianeta e nelle ricerche scientifiche non solo di carattere climatologico (archivio del lontano passato*, sensore del presente, palcoscenico del futuro), l'Antartide è oggi un vero e proprio un laboratorio a cielo aperto di settori multidisciplinari. Dalla biologia marina all'astrofisica alla psicologia, sono tantissimi i settori di ricerca e i paesi che vi lavorano in cooperazione fra di loro.

Fino al 18 marzo 2012, il Palazzo Ducale di Genova dedica una grande mostra (allestita in collaborazione con, fra gli altri,  l'AMNH di New York e il Museo Nazionale dell'Antartide) per ricordare il centenario della conquista del Polo Sud e di questa leggendaria sfida. Consiglio di vederla, mi hanno detto che ne vale la pena perché è davvero suggestiva e interessantissima (qui il trailer della mostra, qui il video della keynote introduttiva di Messner, qui....surprise :-D). 
Ieri in Norvegia, intanto, si festeggiava alla grande

MS aveva già dedicato un post climafluttuante all'Antartide qui e segnalo anche questo interessantissimo libro (uno dei pochi davvero ben fatti,  approfonditi, scientificamente rigorosi e al tempo stesso molto divulgativi) in lingua italiana. Immagine di copertina a lato.

*Proprio in questi giorni è stato pubblicato uno studio molto interessante di ricostruzione paleoclimatica (appr. su SkS qui) sul ruolo che la CO2 ebbe nell'innescare e protrarre il forte raffreddamento che si verificò 33.7 milioni di anni fa e che coincise con la formazione della calotta glaciale al di sopra della piattaforma continetale antartica e l'inizio della sua perenne glaciazione. La concentrazione di CO2 subì un drastico calo di oltre il 40% nel periodo intercorso fra 35.5 e 32.5 milioni di anni fa e il freddo che ne seguì permise l'inizio della glaciazione antartica.
Dove finì la CO2? SkS fornisce alcune linee ipotetiche, incentrate perlopiù su ambiti geologici/erosivi e su ambiti biochimici (interessante, in questo senso, l'ipotesi della sepoltura glaciale di materiale organico: qui l'abstract di un interessante speech a cui ho assistito l'estate scorsa al meeting dell'INQUA, qui un paper più esaustivo).

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